Nidi nasce dopo la mia esperienza di tirocinio presso Talking Hands, un laboratorio permanente di design e innovazione sociale che ha lo scopo di sottrarre all’inattività almeno una parte delle persone presenti negli hot-spot, attraverso un percorso di inclusione. Qui ho avuto la fortuna di conoscere Sajoei e Samuel, due ragazzi richiedenti asilo provenienti dal Gambia e dal Ghana e Fabrizio Urettini, il fondatore di questo progetto. È proprio all’interno di questo ambiente che ho potuto avvicinarmi a quello che Ezio Manzini, nel suo libro “Design, when everybody designs” definisce “design per l’innovazione sociale” un metodo progettuale che punta a migliorare la società attraverso l’inclusione di categorie vulnerabili, trasformando le relazioni all’interno di una comunità e puntando a decostruire quei muri invisibili che attraversano la nostra società.
L’intento di Nidi è quello di contrastare uno dei problemi più controversi e diffusi nel nostro paese: il razzismo, nello specifico quello verso le persone provenienti dall’Africa, un problema che ha alla base l’ignoranza e l’indifferenza.




Nidi è un gioco creato con lo scopo di combattere il fenomeno della xenofobia in Italia,
un problema che necessita di essere raccontato e normalizzato, in particolare nel periodo storico che stiamo vivendo.
Alla base di questo progetto c’è la volontà di creare un legame con i migranti per entrare in empatia con loro e ritengo che non ci sia nessuno in grado di farlo meglio dei bambini,
i quali all’interno del gioco dovranno ricostruire e raccontare le storie di tre uccellini: Amadi, Rafiki e Marten.
L’elemento principale è il tabellone su cui è segnato il percorso dei protagonisti e che
la collaborazione con Talking Hands ha reso molto più che un semplice componente
del gioco ma un oggetto carico di valore intrinseco. Esso, infatti, è una coperta di un metro per un metro creata unendo tessuti diversi, cuciti insieme da quelle stesse persone di cui
il gioco vuole raccontare la storia. Le pedine sono veri e propri pupazzi di legno di 12 centimetri con cui il bambino può giocare anche dopo la conclusione del gioco, contribuendo a creare un legame con queste storie.
L’andamento è scandito dalle 36 carte del memory che i bambini devono accoppiare tra di loro per comporre la storia del loro uccellino. Il resto degli elementi consiste in un dado e tre schede giocatore su cui è raccontato il motivo per cui i tre uccellini sono partiti e cosa fanno oggi in Italia.




La necessità era quella di raccontare la migrazione in modo attuale e rappresentativo.
Una prima raccolta delle informazioni è avvenuta tramite gli archivi online e i racconti delle varie organizzazioni umanitarie che si occupano di queste persone, ma è stato il successivo confronto con Fabrizio Urettini, a consentire alle storie di essere veramente attuali e rappresentare in modo fedele la realtà delle situazioni, ma soprattutto, conferendo al progetto una sensibilità che si acquisisce solo grazie all’esperienza diretta e continua. Il risultato è stata la creazione di tre profili che rappresentano le tre principali categorie di migranti: Amadi (gioia), la migrante climatica, che lascia il suo Paese perché il surriscaldamento globale ha reso il suo territorio invivibile; Rafiki (amico), il migrante adulto che viene incaricato dalla sua famiglia e dalla comunità di partire e andare a cercare lavoro e fortuna ma che sogna di tornare nella sua terra; e Marten (piccolo guerriero) il migrante giovane e pieno di curiosità che lascia il suo paese per esplorare il mondo. Ho scelto di concentrarmi sulle rotte migratorie che dall’Africa sub-sahariana passano per Tripoli e arrivano poi in Italia tramite il Mediterraneo. 
È lungo queste tratte che avvengono i maggiori abusi. I migranti che provengono da queste zone, infatti, sono spesso costretti a lasciare il loro paese in modo illegale ed affidarsi a trafficanti e scafisti.



Il colore delle pedine permette di associarli alla nazione di partenza seguendo la palette, mentre la forma di ognuno è ispirata ad un uccello tipico della nazione corrispondente. 
In generale ho cercato di rendere la lavorazione il più semplice possibile creando le forme attraverso l’unione di poligoni di base semplici come sfere, cilindri e tronchi di cono. 
L’altezza va da 10 a 12 cm mentre il diametro massimo è di 7 cm.
La scelta del materiale è ricaduta sul legno, in particolare quello di faggio, il più utilizzato per la costruzione di giocattoli; è facile da lavorare ed essendo compatto è adatto per la tornitura e in caso di urto, può ammaccarsi ma non scheggerà. 
Essendo sfruttato in tutta Europa è facilmente reperibile ad un prezzo accessibile.
Essendo pensato per una produzione limitata la lavorazione viene fatta a mano ed è la somma di tornitura e taglio. L’incastro delle ali è molto semplice ed è formato da un perno e una rondella elastica per rendere possibile il movimento dell’ala. La colorazione viene fatta tramite smalti brillati, a base d’acqua e atossici.



Era necessario un elemento che rendesse unico il progetto, ruolo che ho affidato al tabellone di gioco, trasformandolo in un telo e facendolo diventare un oggetto carico di valore intrinseco. Esso, infatti, è il risultato della collaborazione con Talking Hands, che va dal confezionamento del prodotto fino alla definizione di piccoli dettagli che rendono questo oggetto prezioso; è il frutto di un intenso lavoro di squadra che ha coinvolto quelle stesse persone di cui il gioco vuole raccontare la storia.
Il tabellone è quindi un oggetto carico di valore intrinseco. Esso vuole fornire dei riferimenti geografici ma allo stesso tempo non contiene confini. La scelta è stata fatta per rappresentare come effettivamente le persone che compiono questo viaggio abbiano una considerazione delle nazioni e dei confini molto più labile. Ho scelto, infatti, di dare più importanza alle zone geografiche suddividendole in base alla loro conformazione territoriale, con l’area inferiore dell’Africa continentale molto più verde, il Sahara giallo e ampio e la zona leggermente montuosa a nord con colori rossicci. 
L’Europa, invece, è stata rappresentata solo con una linea bianca per raccontarla come quel luogo sconosciuto che è per le persone che decidono di partire. 
Il materiale di base è un canvas su cui viene stampata la texture e i testi. 
Sopra a questo materiale, i ragazzi di Talking Hands, hanno cucito con molta cura i tessuti, tutti di riciclo. Questo fa sì che ogni volta che un tabellone viene creato, vengano utilizzati i tessuti a disposizione in quel momento e che ogni pezzo sia quindi unico nel suo genere. La dimensione è di un metro per un metro.


Nidi
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